| FORMA  
       Rinnovamento e continuità dei saperi 
       
    1 tempi mutano sempre più velocemente, sempre minore è lo spazio lasciato    alla nostra umanità, eppure io sento che devo lasciarmi andare, seguire    l'onda che mi porta verso altri lidi, sempre più virtuali, sempre più    problematici e lontani dal mio vecchio cosmo familiare. Il segno, il colore,    la forma, lo spazio, la materia, le vecchie tecniche e tecnologie sono    esplosi in un etereo virtuale che scorre in una manciata di pixel. 
      Eppure poi ci si ritrova tra amici, sfrattati dalle nostre certezze, con    una riforma scolastica, forse definitivamente accantonata, che sembrava aver    dimenticato il settore artistico. 
      Mi chiedo, forse ci chiediamo, cosa ci spinge a pensare che accendere un    dibattito dalle pagine di una rivista serva a qualcosa? t forse necessario un    ripensamento, un recupero, una rifondazione? 
      No! Forse è solo un'occasione per pensare insieme, per prepararci agli    eventi, quali poi non si sa. 
      La provincia è ricca di una umanità complessa, consapevole, spesso colta,    viscerale, ma poco attenta al nuovo, pigra e abitudinaria. 
      E una condizione che rende difficile accettare i mutamenti, ma il sistema    dei media è presente ovunque, modifica la comunicazione e la didattica stessa    "di conseguenza la dialettica tra astrazione e immersione non è risolta    aprioristicamente a favore della prima, non garantisce più la supremazia dei    saperi forti sui saperi deboli. La Collaborazione è alla pari: in certe zone    il calore dell'immersione scioglie il gelo dell'astrazione, in altre    l'apporto dell'astrazione riduce le dispersioni di calore prodotte    dall'immersione. La didattica non può non interrogarsi su questa    trasformazione degli oggetti e dei soggetti della conoscenza, della    coscienza, dell'esperienza con uno sforzo di positiva chiarezza "è    didattica tutto ciò che attiene alla forma che assumono i saperi nel    diventare oggetto di insegnamento". 
      E se la scuola risolvesse il problema della formazione, riconquistando un    ruolo in atto perduto, come dovrebbe proporsi? 
      Sento il peso di appartenere ad una generazione di transizione tra due    millenni, il senso in me combatte con il pensiero, le mie radici con le mie    protesi, mutante o mutato. 
      Vedo i bambini scorrere le dita sulla tastiera, con semplicità    disarmante, e capisco che essi sentiranno in un modo diverso, creeranno altri    scenari culturali ed artistici, lontani dal nostro attuale sentire. 
      lo stesso passo gran parte del mio tempo alla tastiera, scrivo,    programmo, disegno, lavoro per la scuola, vado in giro nel web, è una    rivoluzione profonda, che ti trasforma dentro, al di là d'ogni previsione. 
  "Bisogna risalire a periodi più antichi (dalle miniature alle    cattedrali) per trovare dislocazioni di messaggi e di comunicazione    profondamente segnati dalla modalità del luogo e di ambientazione. 
      E poiché non è improbabile (anzi dimostrabile) che miniaturistica e    ornamento delle cattedrali si siano influenzati a vicenda (l'una aderente    alla forma della pagina e allo spazio lasciato libero dalle parole, l'altro    alla "impaginazione" architettonica di facciate, absidi, frontali e    portoni) è evidente che ci troviamo di fronte all'unica realtà espressiva    (tecnica del messaggio) a cui è possibile riferirsi per spiegare in che modo    il computer lascia una sua impronta estetica sul messaggio. La lascia    attraverso la forma più conveniente di accomodamento sullo schermo di    immagini, segnali, titoli, richiami, indici, parole. La lascia attraverso la    sequenza di colori che adotta e che, certo, hanno una funzione eminentemente    pratica (distinguere, scandire, separare, chiarire, collegare, rinviare) ma    che hanno finito per creare un nuovo codice di presentazione visiva dei    messaggi"'. 
      E allora come parlare della pittura e del segno, che ancora mi scorre    nelle vene, del fare arte in maniera tradizionale, con le dita macchiate, la    tela che affonda sotto il pennello, che guizza danzando e narra di forme e    colori di mondi interiori e reconditi. 
      E questo l'argomento del mio scrivere, un conflitto profondo, ma il    problema riguarda l'intero mondo della cultura, il futuro modo di fare    scuola, anche nel settore artistico. Quali saperi, per quali fini? 
      Mi sembra nei fatti che si pensi ad un modello equiponderale, dove i    saperi sono tali da formare un cittadino generico, con piccole diversità    determinate da poche scelte e crediti individualizzati, un attore di un    copione di massa, senza posto per altre curiosità, ecco forse noi ci    chiediamo se questa scelta così rigorosa sia opportuna o se invece andrebbero    create aree alternative o quantomeno lasciati spazi per esse, quale spazio al    saper fare ed al saper essere? Ad un germoglio non si strappano le foglie, o    le ali ad una farfalla, e così l'ennesima riforma della scuola, quella che    verrà concepita dai nuovi assetti politici e istituzionali del paese, crescerà    e svolazzerà tra dubbi e insofferenze, per il desiderio di vederne i frutti e    di coglierli, vedendo spiccare il volo ai nostri desideri ed alle nostre    speranze. 
      E sono proprio le speranze il movente delle nostre riflessioni, saprà il    nostro paese ricordarsi del suo passato d'arte e delle sue radici? 0 la    familiarità con esso farà sottovalutare e dimenticare il passato e con esso    l'arte stessa. 
      In questo primo numero, credo che il miglior augurio che ci si possa fare    è la speranza che prevalga il ricordo all'oblio e che il passato continui nel    futuro, senza salti o vuoti dolorosi. 
     
    1. R. MARAGLIANO, Nuovo manuale di didattica multimediale, Roma-Bari    1997. 
      2. Ibidem. 
    3. E COLOMBO, Nel personal c'è un'anima può darsi che sia d'artista, in    "Télema" n'6, anno 1996. 
    Carlo Monastra  | 
               |